Los Angeles -> Miami ON THE ROAD. Giorno 5: Page -> Tropic

Quinta puntata di resoconto del nostro viaggio di nozze.
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E ora via da dove eravamo rimasti!

QUINTA TAPPA: Page - Horseshoe Bend - Tropic
Giorno #5: 14 Febbraio 2019
Km percorsi: ∼265 km
Clima: Horseshoe Bend, coperto ∼8° - Tropic, neve ∼-3°/2°
Stati attraversati: Arizona - Utah
















Bentornati e bentornate! Questa tappa sarà nettamente più breve dell'ultima che avete letto, serviva a noi come decompressione dopo l'intera giornata al Grand Canyon e sono certa che anche voi apprezzerete un articolo un po' meno impegnativo dopo quello scorso.
Ci svegliamo a Page con il cielo completamente coperto. La nostra giornata dovrebbe cominciare con la visita a Horseshoe Bend un meandro del Fiume Colorado che aggira uno sperone roccioso creando una meravigliosa curva a U la cui vista è veramente mozzafiato. Il sentiero per raggiungere questo particolarissimo belvedere all'interno del Glen Canyon parte proprio dai dintorni di Page, precisamente dalla US Route 89. Ho usato quel condizionale "dovrebbe" perché la sera prima, mentre percorrevamo proprio la US Route 89 per arrivare a Page, avevamo visto una serie di cartelli che segnalavano la chiusura per lavori del parcheggio per Horseshoe Bend, dando l'impressione che non fosse possibile accedere al sentiero. La mattina ci mettiamo dunque in marcia per capire come fare. I cartelli sono inequivocabili, ma ne adocchiamo un altro che la sera prima non avevamo visto e che indica un altro parcheggio dove avremmo dovuto lasciare la macchina e poi prendere una navetta che ci avrebbe portato a destinazione. Arrivati al suddetto parcheggio apprendiamo che la prima navetta sarebbe partita alle 10, ossia un'ora dopo. Non potevamo permetterci di perdere un'ora a bighellonare, considerata la tappa del giorno (circa 250 km) e quindi Marito propone di metterci direttamente in marcia per il Bryce Canyon (che avremmo dovuto visitare quel giorno).


Io, che sono testarda e non ci stavo a tagliar fuori quella visita (anche perché un'amica mi aveva detto di inserirla assolutamente perché valeva davvero la pena), ho insistito per andare comunque a vedere com'era la situazione all'inizio del sentiero, magari avremmo trovato qualche modo per lasciare la macchina anche mezza abusiva, tanto la visita tra andata e ritorno sarebbe durata meno di un'ora. Ebbene, per fortuna che abbiamo provato! Il parcheggio (uno spiazzo sterrato molto alla buona) era in effetti mezzo occupato dai lavori di  costruzione - apprendiamo dai cartelli - di un Visitor Center e di un vero e proprio parcheggio asfaltato nell'ottica di inserire anche questo sentiero nella Glen Canyon National Recreation Area con tanto di tariffa per il parcheggio (mentre ora era tutto gratis).
Ma vediamo di mostrarvi cosa abbiamo visto quando siamo arrivati alla fine del sentiero:




La vista è davvero spettacolare, la foto poi non rende assolutamente né le dimensioni, né la quiete del luogo. Trovandosi a un chilometro abbondante di distanza dalla strada e completamente immerso nel Canyon, questo snodo del Colorado è caratterizzato da un silenzio quasi irreale. Si può sentire l'acqua del fiume che placida gira intorno al promontorio e continua a scorrere nei suoi meandri aggrovigliati.
Una volta fatte le foto di rito, siamo rimasti qualche minuto in contemplazione di tutta quella bellezza. Ti sembra di non riuscire a contenerla, come la danza del sacchetto di plastica di American Beauty, come se ogni fibra del corpo si tendesse, otre ormai sfinito, per immagazzinare significati e rivelazioni di cui non puoi essere argine e contenitore, poiché la tua mente finita non te lo permette e quindi ti abbandoni, molli tutti i tiranti e ti lasci esplodere in un miliardo di minuscoli coriandoli di meraviglia, che volteggiano sulle verdi acque del Colorado, assorbendo e rilasciando tutta quella bellezza che ora è respiro universale.
Poi un altro visitatore ti chiede una foto e un bambino strilla che si sta mettendo a piovere. E così esci da quello stato di semi-trance e torni alla realtà, guardi Marito e ti rendi conto che gli avevi stretto la mano per tutto il tempo in quel viaggio tra gli stati della coscienza Eri guida o passeggera?
Ci rimettiamo in piedi e ringraziando una non meglio definita entità per averci permesso, prima di far venire a piovere, di percorrere il sentiero, vedere questa meraviglia e sbirciare anche sotto il velo della realtà quotidiana per qualche istante, ci tiriamo su i baveri delle giacche e i cappucci e ripercorriamo il sentiero all'indietro verso il parcheggio.
Quando arriviamo al parcheggio la pioggia è diventata torrenziale, ci ripariamo sotto una tettoia per toglierci gli scarponcini da trekking (completamente inzaccherati di sabbia e acqua = fango) e poi riprendiamo la macchina e ci avviamo, soddisfatti, verso il Bryce Canyon.


Lungo la strada superiamo il Lake Powell e altre attrazioni naturali della zona, ma non ci fermiamo perché viene giù veramente un bell'acquazzone che qualche decina di chilometri superato il confine con lo Utah, diventa una tempesta di neve! All'inizio la strada resta pulita perché avevano sparso un bel po' di sale, ma la neve non accenna a smettere di cadere e quindi piano piano le strade diventano sempre meno percorribili. Tutto intorno a noi comincia ad imbiancarsi. Lo spettacolo era davvero meraviglioso, ma la viabilità ne risentiva parecchio. Quando siamo in dirittura d'arrivo per il Canyon decidiamo di fermarci a mangiare qualcosa prima di entrare, visto che poi all'interno, come ho già detto rispetto agli altri parchi, non ci sono bar o ristoranti. Allo svincolo dove ci era stato detto che avremmo trovato qualche posto per mangiare, tutti i locali sono chiusi. Alcuni hanno l'aria di essere chiusi da un po' e infatti su molti di essi sono affissi cartelli che parlano di chiusura stagionale. Cominciamo a pensare che forse sarebbe meglio tornare indietro e abbandonare l'idea del Bryce Canyon, ma dopo che ci era andata bene al mattino a Horseshoe Bend, siamo carichi di ottimismo ed energia positiva, quindi decidiamo di proseguire, anche affascinati da tutta quella neve che in Italia, questo inverno, non si era vista. Scopriremo poi che era un evento straordinario anche per lo Utah in quella stagione, a causa dell'eccezionale ondata di freddo abbattutasi sugli USA questo inverno di cui vi parlavo nella scorsa puntata.
Troviamo miracolosamente una trattoria aperta dove ci dicono che la maggior parte dei ristoranti e fast food sono chiusi per la stagione e quelli che sarebbero sempre aperti avevano certamente chiuso per il maltempo. Loro erano aperti solo perché era S. Valentino e avevano qualche prenotazione per la sera. Visto il clima, ordiniamo un'ottima zuppa e dell'acqua che vi giuro, vi giuro ci è arrivata col ghiaccio. Fuori dalla finestra la neve piroettava nelle folate di vento gelido e noi, dentro, bevevamo acqua ghiacciata.
Io questa loro fissa per il ghiaccio non la capirò mai. Chiaramente, se lo chiedi, non te lo mettono, ma se tu non dici niente, loro di base ti portano l'acqua col ghiaccio.
Anche in inverno.
Con fuori -2 gradi.
E una tempesta di neve.

Quando arriviamo nei pressi del Bryce Canyon la strada sembra essere messa leggermente meglio sulle prime, forse grazie al passaggio di qualche spazzaneve, quindi decidiamo di addentrarci. Le precipitazioni si intensificano e la neve si fa ancora più fitta. Quando raggiungiamo la barriera di entrata al Canyon il Ranger guarda un po' la nostra macchina e poi commenta con un laconico "You should be good" inducendoci a fare un tentativo. Dal momento che abbiamo la carta dei parchi, che ci permette di entrare e uscire quante volte vogliamo senza pagare ulteriori biglietti d'ingresso, decidiamo di dare un'occhiata. A poche centinaia di metri dalla barriera d'ingresso, troviamo il Visitor Center miseramente chiuso. Proseguiamo ancora un po' sulla strada ormai completamente imbiancata (dentro il Canyon non era passato nessuno spazzaneve) e alla prima curva un po' più stretta, la macchina va dritta. Per fortuna Marito riesce in una mirabolante manovra di salvataggio che ci evita di sbattere contro un cumulo di neve e quindi restiamo in carreggiata, ma entrambi ci rendiamo conto che non si può più proseguire oltre. Bisogna tornare indietro.
Con estrema cautela Marito fa inversione per uscire dal parco, col Ranger che ci saluta alzando il cappello (li adoro 💙) e facciamo strada verso Tropic, il paesino dove avremmo pernottato.
Vi ricordate quando, nella terza puntata, vi dicevo che raramente avremmo visitato paesi che superassero i 1000 abitanti (città a parte)? Ebbene, Tropic, all'ultimo censimento del 2012, ne contava 521. Dopo esserci fatti tutta la strada verso Tropic a 30 km/h, in alcuni tratti incollati dietro il culo dello spazzaneve che ci puliva l'asfalto davanti, arriviamo in questo che ci sembra un altro paese fantasma. Altro che Seligman!
Non c'è l'ombra di un esercizio commerciale aperto e le stradine che compongono il minuscolo paese non sembrano esser state spazzate nelle ultime ore, quindi procediamo a passo d'uomo. Fortunatamente il navigatore prende e ci guida verso il nostro alloggio che si trova leggermente fuori dal paese, proprio alle pendici di una parete rocciosa che assicura una vista meravigliosa da ogni cottage del complesso, o almeno così dice la brochure, ma questa vista strabiliante noi non la vedremo fino al mattino dopo (foto nella prossima puntata) quando avremo modo di comprovare che quella descrizione non rende minimamente merito al colpo d'occhio che si staglierà davanti a noi al risveglio. 

Il nostro cottage
Al momento, invece, è tutto bianco. Ed è comunque uno spettacolo sbalorditivo. Se non fosse che la neve continua a cadere, che non abbiamo stivali e guanti e che fa un freddo allucinante, sarebbe da rotolarcisi dentro e prendersi a palle di neve.
A rotolarsi nella neve è, invece, la nostra macchina, che a metà della salitina che porterebbe al gabbiotto della reception, si impantana e non va più né avanti né indietro. Chiamiamo la reception e ci risponde April, la padrona della struttura, la quale ci dice di non preoccuparci perché suo marito (del quale non sapremo mai il nome, ma che decideremo che ha una faccia da Andy e quindi chiameremo sempre Andy - non davanti a lui, ovviamente) stava arrivando con uno spazzaneve (sic!) e ci avrebbe dato una mano a spostare la macchina. E così è. Andy arriva a bordo di un piccolo spazzaneve "casalingo" dal quale scende con un saltello mostrandosi in tutto il suo metro e novanta di americano montanaro dello Utah. Felpona di una qualche squadra sportiva (niente giacca perché lui ciàlfisico) immancabile cappello da baseball, manone che con uno schiaffo ti ribalta, con un paio di spinte ben assestate, libera la macchina dalla trappola di melma e neve e dopo pochi convenevoli, avendo appreso che abbiamo noleggiato la macchina in California, commenta lapidario "In Cali, they don't know the snow". E in effetti la nostra macchina non solo non ha le gomme da neve, ma essendo a trazione solo anteriore, in salita, praticamente off road (perché la road oltre a essere uno sterrato privato era sepolta chissà dove) slittava che era un piacere.
Entriamo a fare check-in e April ci mette in guardia sul fatto che le condizioni atmosferiche stanno ulteriormente peggiorando, che pare che nevicherà tutta la notte e ci dice che se vogliamo uscire a cena, sarebbe meglio che non ci allontanassimo troppo perché guidare di notte con quella neve non è per niente sicuro. Ci segnala qualche locale nelle vicinanze e ci lascia un numero di telefono cellulare dicendoci che se fossimo rimasti bloccati nella neve, potevamo chiamarli senza problemi e loro sarebbero venuti ad aiutarci anche fuori dal perimetro della loro proprietà. Davvero carini. Poi ci dà una piccola mappa della struttura e ci indica sulla mappa il nostro cottage che ci chiede di raggiungere con la macchina perché i pochi posti auto davanti alla reception sono riservati a chi deve ancora fare check-in. La strada da fare per raggiungere il cottage è però in piano, dunque lo raggiungiamo senza grossi problemi anche perché mentre noi facevamo check-in con April, Andy stava passando avanti e indietro sul suo mini-spazzaneve spalando via neve come un matto.

Normalmente, con l'arrivo all'alloggio, termina il resoconto della giornata, ma in questo caso voglio spendere qualche parola in più su una serata che ha finito per essere il più straordinario San Valentino di sempre. 
Intanto, la stanza: più che una stanza era una piccola casetta e nella nostra personale classifica di tutti i motel/hotel in cui siamo stati, occupa assolutamente un posto sul podio. La camera era spaziosissima, ordinata e curata nei minimi dettagli, il riscaldamento era normale, il bagno era grande e con tutti gli accessori possibili e immaginabili e c'era anche un piccolo angolo cucina con macchinetta del caffè e qualche genere di conforto. Un'ampia finestra dava sul vialetto antistante il cottage, con vista sulla parete rocciosa (vi assicuro che c'era!).
Ci rilassiamo un po' sul letto, godendoci lo spettacolo meraviglioso della neve che continuava a cadere fuori dalla finestra e quando stiamo per metterci nell'ottica di idee di alzarci, vestirci e uscire a mangiare qualcosa, riceviamo una chiamata di April che ci dice che le strade sono completamente inaccessibili, che la protezione civile ha consigliato di rimanere chiusi in casa e che nella notte potrebbe saltare la corrente a causa della neve (ci mette in guardia perché è già successo), ma di non allarmarci perché normalmente torna nel giro di poche ore.

Il cestino di April
"Poiché siete nostri prigionieri" ci dice "vi poteremo noi un cestino con qualcosa da mangiare". Noi non crediamo alle nostre orecchie. Un cottage incantevole, leggermente isolato, una nevicata straordinaria e il servizio in camera! Cosa si può chiedere di più da una serata di San Valentino?
Chiaramente il pericolo che April e Andy fossero due serial killer che ci avrebbero avvelenato con il cibo, poi fatto a pezzettini e sepolti sotto la neve era abbastanza alto, ma ormai il dado era tratto e a conferma di questo scenario, come se non bastasse, verso le 19, salta effettivamente la corrente. Riformulo la situazione: un cottage isolato, una nevicata straordinaria che ha interrotto tutte le comunicazioni via terra, senza luce, senza riscaldamento e con un cestino di cibo, a questo punto sospetto, recapitato a domicilio. Come suona adesso? Ovviamente sto scherzando, anche in questo caso, April e Andy sono stati inappuntabili: ci hanno fatto recapitare una stufetta e una lampada talmente potente che Marito ha invidiato tantissimo (noi ne abbiamo una sfigatissima per il campeggio e già una volta siamo stati derisi da un vicino di piazzola austriaco che ci ha umiliati col suo faro da concerti).
Insomma, best San Valentino ever!

Restate collegati per la prossima puntata dove vi mostrerò cosa si vedeva effettivamente dalla nostra finestra!

Estratto dal diario di viaggio

Poi ci è arrivata una telefonata dalla reception che diceva che saremmo rimasti bloccati nella neve, ma che ci avrebbero portato un cestino con generi di conforto. Noi non ci siamo scomposti più di tanto, se c'è un posto dove vale la pena rimanere bloccati in mezzo alla neve, è proprio questo! Ad un certo punto è saltata anche la corrente! Ancora una volta sono giunti i soccorsi con una lanterna, anche se poi la luce è tornata giusto in tempo per farci festeggiare San Valentino con patatine al formaggio e acqua frizzante San Pellegrino. E non avrebbe mai potuto essere migliore.

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