Los Angeles -> Miami ON THE ROAD. Giorno 4: Williams -> Page

Quinta puntata di resoconto del nostro viaggio di nozze.
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E ora via da dove eravamo rimasti!

QUARTA TAPPAWilliams - Grand Canyon - Page
Giorno #4: 13 Febbraio 2019
Km percorsi: ∼300 km
Clima: Grand Canyon, coperto ∼6°
Stati attraversati: Arizona















Le mie doti informatiche restano pessime e quindi non sono riuscita a trovare un modo più "elegante" di evidenziare la tappa in corso, pertanto vi tocca 'sta robaccia fatta con paint.
Eravamo rimasti al freddo polare che avevamo trovato a Williams e ai nostri timori di non riuscire a superare la notte. Ebbene, prendo a spunto questa occasione per parlare di un problema che hanno negli USA o quantomeno in tutti i motel in cui siamo stati noi: il riscaldamento. In tutti i motel in cui siamo stati (eccezion fatta, forse, per un paio), il riscaldamento consisteva in un ventilconvettore elettrico (e se pensate che questa parola non esista, vi notifico che il signor Galletti ne vende vari modelli) in sostanza un oggetto che consuma tantissimo, fa un casino allucinante e riscalda inadeguatamente la stanza. Americani del mio cuore, che diamine di problema avete? Ora, capisco che non siate propriamente i primi della lista in quanto a interesse per la sostenibilità dell'ambiente, ma il rumore? E il fatto che quel coso spari l'aria in una sola direzione, tipo un mega ventilatore (che almeno i ventilatori girano) e quindi se ci dormi vicino ti abbrustolisci e se invece sei dall'altra parte della stanza muori di freddo? Niente. A loro va bene così. Li hanno DAPPERTUTTO.
Chiaramente noi di notte li spegnevamo perché comunque sotto le coperte si stava bene, ma se avessimo avuto freddo la scelta sarebbe stata non dormire per il rumore o non dormire per l'assideramento.

Ma torniamo a noi. L'immagine che vedete qui accanto rappresenta la mise scelta per questa giornata. Mise che alla fine sarà la stessa per tutta la parte fredda del viaggio (sante lavanderie a gettoni) perché non avevamo letteralmente altri indumenti caldi a parte quelli (tutti) che ci siamo messi addosso quel giorno. Ora, agli occhi del lettore possiamo sembrare un po' sprovveduti, soprattutto per la scelta apparentemente fricchettona (ma in realtà estremamente comoda) di partire solo col bagaglio a mano (voi non avete idea di quante borse, borsine e borsette si possano accumulare in un mese di viaggio in aggiunta ai normali bagagli, quindi non ci pentiamo della nostra idea) ma la realtà è che, da un lato avevamo una percezione sbagliata del clima nel centro-sud degli USA e dall'altro, questo è stato un inverno freddissimo anche per le loro statistiche. In questo articolo potete rendervi conto del perché, oltre a essere stati poco previdenti, siamo decisamente stati anche un po' sfigati, un esempio su tutti:  a Cotton, in Minnesota, il 29 Gennaio era stata registrata la temperatura (reale, non percepita) di -48,8°C (celsius!!!). Ma divertitevi pure a leggere tutte le minime registrate in quel periodo. Ora, noi eravamo decisamente più a sud, ma le temperature minime erano sotto le medie stagionali un po' dappertutto.
Ad ogni modo, la foto forse non rende, io avevo i leggins sotto i pantaloni e due paia di calzini, canottiera, maglia a maniche lunghe, felpina leggera di cotone con cappuccio (quello grigio che si vede nella foto) pile, giacca a vento imbottita. E avevo freddo! Marito si era portato il piumino pesante e quindi poteva mettere qualche strato in meno sotto, ma comunque entrambi avevamo addosso tutti gli indumenti caldi che ci eravamo portati.

Marito non era ancora al top e anzi, dopo la febbre ha avuto un brutto dolore cervicale con tanto di giramenti di testa e senso di stordimento per un paio di giorni, come si nota dalla sua espressione sofferente nella foto qui accanto, regalino delle 14 ore di volo complessive che ci eravamo fatti qualche giorno prima. Però ormai eravamo in ballo e quindi ci siamo messi in marcia. Con molta calma e dopo aver fatto un'ottima e abbondante colazione in un posto con breakfast all day vicinissimo al motel, ci siamo messi in marcia per il Grand Canyon. Dopo una ventina di km, mi viene in mente che dentro il Grand Canyon, ma in generale dentro quasi tutti i parchi, raramente si trovano distributori di benzina, anzi, le guide ti invitano proprio a controllare di avere il serbatoio pieno per evitare problemi. In quel momento noi eravamo a meno di metà e quindi decidiamo di tornare indietro a Williams per fare il pieno e stare tranquilli.

Prima di tutto, qualche informazione geografica. Un canyon, non è altro che una valle molto profonda con pareti ripidissime, risultato di un processo erosivo iniziato da un fiume che, a furia di scorrere vigorosamente nel proprio letto, finisce per inciderlo e scavarlo generando queste gole strettissime e molto profonde. Il Grand Canyon è una versione in scala enorme di questo processo. Va da sé che dal punto di vista della strada e della superficie calpestabile, esso appaia come una gigantesca spaccatura nel terreno.
Qualche dato per i fissati con le statistiche come me: il Grand Canyon è lungo circa 446 km, è profondo fino a 1857 mt. e la sua ampiezza varia dai 500 mt. ai 29 km.

Questo preambolo è doveroso per capire come si può svolgere una visita al Grand Canyon considerando, appunto, l'ampiezza e la lunghezza della gola. Ovviamente vi racconterò il giro che abbiamo fatto noi, che peraltro è quello classico ed è segnalato in rosso sulla mappa qui accanto: il South Rim fino a Desert View, poi il ponte Navajo e le Vermilion Cliffs (dove vedete quella piccola deviazione rossa sulla sinistra che poi proseguirebbe nella strada segnata col giallo) e poi di nuovo indietro e su fino a Page.
Da Williams, dopo meno di 90 km, raggiungiamo i cancelli d'ingresso al parco che complessivamente si estende per 4927 km². Addentrandosi lungo le strade interne (dove vige un limite di velocità molto stringente a causa del frequente attraversamento di animali di ogni genere) in breve tempo si incrocia il Grand Canyon Visitor Center dove, come vi ho già raccontato nelle puntate precedenti, ci viene fornita una mappa del parco e tutte le informazioni di cui abbiamo bisogno. Il cielo è coperto e tira un vento assassino, inoltre qua e là si vedono ancora sprazzi di neve caduta nei giorni passati che non rende agevole percorrere i vari trail che il parco offrirebbe, alcune parti del parco sono addirittura chiuse per la stagione e riapriranno in primavera, quindi, complice il freddo, ci risolviamo per fare solo il giro in macchina, scendendo in corrispondenza dei vari punti panoramici.

Si parte dal Grand Canyon Village, che ospita tre "zone" diverse: il Market Plaza, una sorta di centro attività (c'è un anfiteatro, una libreria, negozi di souvenirs, banca, ufficio postale, ecc...), il Visitor Center con annesso mini trail per Mather Point, il punto dove la maggior parte dei visitatori dà il suo primo sguardo al Grand Canyon e l'Historic District, primo insediamento dei pionieri in questa zona (circa 120 anni fa) che conserva un fascino più antico e l'antica ferrovia. Questo è infatti l'unico punto in cui il treno raggiunge il bordo del Canyon.
Noi abbiamo fatto un giro un po' diverso da quello che consigliano loro, colpa della mia pretesa di sistematicità da gioco di ruolo che prevede di visitare ed esplorare capillarmente ogni angolo (anche al supermercato io sono quella che si fa tutte le corsie da sinistra verso destra - o viceversa - anche se le serve solo un litro di latte) cosa che comunque in un parco così vasto, non si può fare.

Questa mappa è solo relativa al Grand Canyon Village, punto nevralgico della visita al South Rim, ma il parco si estende anche verso destra, da dove vedete partire la Desert View Drive e verso Nord, dove si trova il North Rim.
Però all'inizio ci abbiamo provato e quindi siamo andati prima all'Historic District, dove abbiamo visitato il villaggio storico e ci siamo accertati che Heremit Road, la strada per Maricopa Point fosse effettivamente chiusa (così avevamo letto) e poi, lasciandoci alle spalle il Verkamp's Visitor Center (che a causa della porzione di parco chiusa per la stagione, costituiva la nostra estremità occidentale del South Rim) abbiamo iniziato la nostra passeggiata  lungo il Rim Trail, un camminamento che costeggia il bordo del Canyon, ovviamente a debita distanza di sicurezza, anche se in realtà non è che ci siano recinzioni, quindi se uno vuole oltrepassare il muretto che delimita il sentiero e andare proprio sulle rocce del Canyon, lo può fare. Non dappertutto, ma in molti punti sì.

Fatta la nostra passeggiatina sul Rim Trail presso l'Historic District, riprendiamo la macchina e torniamo verso il Village Center per raggiungere il Mather Point. Lì abbiamo trovato più gente, un po' perché è uno dei punti più fotografati del Canyon (che è bello da qualsiasi prospettiva, ma alcuni colpi d'occhio sono davvero mozzafiato, soprattutto all'alba o al tramonto) e un po' perché in quel momento si era placato un po' il vento e le persone avevano ricominciato a circolare.
Abbiamo chiesto a una ragazza di farci una foto e devo dire che non siamo cascati nemmeno malissimo considerando quello che esce fuori a volte dalle foto fatte dai passanti. Ovviamente visto dalla ringhierina nera che si vede sullo sfondo il paesaggio era molto più figo, ma c'era lì quel masso che sembrava fatto apposta e così ci siamo fatti fare la foto da lì, ma se avessi visto prima l'inquadratura, magari avrei evitato perché non è particolarmente rappresentativa, ma vabbè.
Poi abbiamo ripreso la macchina e ci siamo rimessi in marcia lungo la Desert View Drive con destinazione, appunto, Desert View, fermandoci in tutti i punti panoramici che ci avevano segnato sulla mappa i Rangers.

Grand View Point
Moran Point
Moran Point con soggetti
Desert View


Alla Desert View si trova anche una torretta di avvistamento costruita nel 1932 dall'architetto Mary Colter. Come vedrete dalla foto qui accanto, la costruzione è abbastanza armonizzata con la zona circostante e non stona particolarmente anche se si vede che è una costruzione recente. Devo dire che in questo gli americani sono piuttosto bravi. Al netto di tutto quello che si può (e si deve) dire contro la loro società, per quanto riguarda i parchi naturali (e ce ne sono 400 solo federali) hanno una cura e un'attenzione davvero invidiabile. Avendo girato un po' per le città statunitensi, soprattutto le metropoli, e conoscendo un minimo la loro assoluta non attenzione alle questioni di sostenibilità ambientale, non ci si aspetterebbe una manutenzione così attenta dei parchi al punto che anche le poche strutture che vi sono state costruite all'interno (visitor center, market, alberghi, campeggi) sono assolutamente sporadiche e quando esistono sono ben armonizzate con l'ambiente, a volte addirittura nascoste o comunque molto lontano dai trail e dalle zone panoramiche. Io già mi immaginavo il mega albergo ecomostro costruito a picco sul Canyon per attrarre i turisti e sono stata piacevolmente sorpresa del contrario.
Ma torniamo alla torretta. Al piano terra si trova la Kiva Room, una stanza originariamente progettata per essere un'area di sosta. Era qui che i visitatori del canyon negli anni '30 potevano sedersi comodamente e godere di una vista eccezionale sul canyon. Oggi è ancora così. La stanza, ovviamente a pianta circolare, a sinistra ospita un piccolo negozietto di souvenirs, mentre a destra si trova una grande vetrata che permette di ammirare il Grand Canyon da una posizione leggermente rialzata. Salendo le scale si nota che le pareti interne della torre sono decorate con dipinti e opere d'arte indiane, della tribù Hopi. La torre è accessibile fino all'ultimo piano, dal quale si riesce a vedere il Colorado River che scorre in fondo alla gola e la vista sul Canyon diventa davvero mozzafiato.

Desert View dalla watchtower

Come ho già scritto per altre tappe di questo viaggio (e continuerò a scriverlo), è stata una grande fortuna ad essere lì fuori stagione perché nonostante il clima non sempre clemente, l'immensità del Canyon vissuta nel silenzio immobile di tutta l'area, ti mette veramente in connessione con qualcosa dentro di te, che avevi scordato o con cui non avevi mai parlato.

Sono vastità in cui perdi quasi l'orientamento e l'occhio fatica a coprire la distanza tra i due bordi, probabilmente la schiaccia, la riduce, complici anche le stratificazioni di detriti che creano queste linee ondulate all'orizzonte, a simulare le onde di un mare ora rosso, ora grigio, ora verde.
E tu, fragile creatura transeunte, capisci meglio il senso di quella frase di Nietzsche che dice che se guardi troppo dentro l'Abisso, esso guarderà dentro di te. Perché capisci che quello che a te sembra una conformazione che esiste da sempre è solo il frutto di un'azione geologica, un fiume che scava nel terreno, che non ha fretta perché dispone di un tempo che è talmente lungo da immaginare, che ci pare infinito. 
La potenza della Natura è tutta qui. Non nella forza, con la quale non può difendersi da un disboscamento o dal nostro avvelenare mari e aria, ma nel tempo. Nel suo tempo lento e infinito. 
Ed è da posti come questo che, seduti a fissare queste rocce indomite (eppure anch'esse ferite, plasmate, affilate dalle acque del Colorado) confondendo lo sguardo e faticando a mettere a fuoco, si viene trafitti dalla sensazione concreta dell'incontrovertibile transitorietà della propria vita.
Ma ora basta filosofeggiare e riprendiamo il viaggio!

Abbastanza soddisfatti dalla nostra visita al South Rim, ci rimettiamo in marcia verso il Navajo Bridge, punto dove il Canyon è più stretto e si riesce ad attraversarlo. Se tornate su all'immagine della mappa della zona che vi ho messo all'inizio, mi seguirete meglio nello spiegarvi la strada, non che vi debba interessare, ma è solo per farvi capire quanto siano immense le distanze. Dalla Desert View si prosegue verso est fino a Cameron (nell'immagine sopra non si legge il nome della città, ma è quella in corrispondenza della deviazione verso nord) e poi si tira su verso nord, in direzione Page, costeggiando la riserva Navajo. Ad un certo punto si incrocia un bivio, continuando verso nord si va a Page, mentre deviando di nuovo a est si raggiunge appunto il Navajo Bridge dove si trova il vecchio ponte, ora pedonale, del 1927 e un ponte nuovo, carrabile, che conduce alla strada segnata in giallo nella mappa di cui sopra. Da lì girando di nuovo a est a un certo punto si incrocia il Jakob Lake in corrispondenza del quale si devia verso sud e si arriva al North Rim.
Detta così sembra tutto semplice, ma per darvi un'idea delle distanze vi dico solo che dalla Desert View al Navajo Bridge ci sono circa 150 km e da lì fino al North Rim altri 140 km circa, per un totale di quasi 300 km peraltro, ovviamente, non di highway (o comunque non solo), quindi il tempo di percorrenza stimato solo per arrivare è di 3 ore e mezza. Inoltre, o poi si dorme lì (volendo c'è un campeggio e un albergo) oppure si deve tornare indietro dalla stessa strada che si è fatta all'andata visto che per arrivare al North Rim c'è solo quella strada. Volendo tornare indietro i due paesini più vicini che si incontrano sono Fredonia verso est (a 118 km dal North Rim - tempo di percorrenza 1 ora e 40 minuti) e Page (dove dovevamo pernottare noi, a 200 km dal North Rim - tempo di percorrenza 2 ore e 40 minuti). Capirete dunque che, a meno di correre all'impazzata da una parte all'altra del Canyon, non è possibile visitare entrambi i Rim in giornata.

Noi, infatti, ci siamo accontentati del South Rim e della passeggiata sul Navajo Bridge, osservando il Colorado scorrere sotto i nostri piedi.

Percorrendo tutto il ponte pedonale e quindi passando dunque sull'altro lato del Canyon (che sulla carta è già North Rim anche se nella parte meno scenografica) a un certo punto la strada entra in una galleria che sbuca proprio all'interno di questa parte di Canyon dove si intravede anche un laghetto. Da questo punto partono diversi trail sicuramente interessanti, ma purtroppo la giornata stava volgendo al termine e a breve si sarebbe fatto buio, quindi abbiamo deciso di rientrare.
Ci siamo quindi rimessi in macchina, non prima di aver dato un ultimo sguardo a quei panorami irripetibili ed esserci scambiati la promessa di tornare, per approfondire la visita, cosa che abbiamo detto di tre quarti dei posti che abbiamo visitato.
In un silenzio simbolico come a non voler rompere l'incanto di quella giornata, abbiamo percorso la strada all'indietro fino al bivio per Page, e questa volta siamo andati verso Nord. Ci siamo riempiti di bellezza ancora un po', semplicemente guardando fuori dal finestrino e osservando come quelle rocce gargantuesche cambiavano colore, si facevano più maestose o più morbide, si innalzavano subito prima di una curva e poi scendevano, verso la pianura, con un dolce declivio e con tutti questi movimenti, raccontavano una storia millenaria, che abbiamo ascoltato finché abbiamo potuto.

Estratto dal nostro diario di viaggio:

Il Canyon è davvero impressionante, è immenso! E dà una sensazione di estrema pace. Ovviamente, data la temperatura (e la neve sui percorsi) non abbiamo fatto nessun trail a piedi, ma abbiamo girato per lo più in macchina fermandoci nei vari view point lungo la strada. I paesaggi sono mozzafiato, è davvero qualcosa di inedito per noi europei e questo è uno dei motivi per cui venire negli USA. Ne parlavamo oggi in macchina. Di certo politicamente e socialmente sono distanti anni luce dalle nostre visioni del mondo, ma paesaggisticamente ci sono posti spettacolari che meritano davvero di essere visti!

Questa tappa è stata più lunga delle altre, immagino anche più pesante da leggere, prometto, nelle prossime, di cercare di stringere un po', ma è stato un viaggio così arricchente, così pregno, che mi riesce difficile tagliare più di quello che sto già facendo.
Abbiate pazienza, tanto, come diceva Pennac, avete il diritto di saltare le pagine, che qui sul blog potremmo declinare come il diritto di saltare i paragrafi!

Leggi la prossima puntata qui!

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