Astrologia per intellettuali - PESCI

Siamo arrivati/e alla terza puntata della mini rubrica settimanale "Astrologia per intellettuali", dall'omonimo libro di Marco Pesatori. 
Dopo il Capricorno e l'Aquario, oggi ci tuffiamo direttamente in mare col segno dei Pesci!
A differenza del Capricorno, che era il mio segno e che quindi mi sono presa la libertà di commentare, da ora in poi mi limiterò a riassumere i punti salienti evidenziati da Pesatori, lasciando a voi il compito di ritrovarvi o meno nelle caratteristiche da lui descritte!
Cominciamo!


PESCI





(tra gli altri: Jack Kerouac, Liala, Pier Paolo Pasolini, Ennio Flaiano, Michel Houellebecq, Anaïs Nin, Arthur Schopenhauer, Raymond Queneau, Ennio Flaiano, Alessandro Manzoni).

La spinta centrifuga verso la libertà assoluta dell'Aquario che vuole affrancarsi da norme, convenzioni, dover essere, banalità, ripetitività, modelli di pensiero precostituiti, moralismi e ipocrisie, diventa, con il segno successivo, i Pesci, conquista reale e strutturale di un luogo senza limiti, confini, definizioni, canoni, ordini, regolamenti, orientamenti e punti di riferimento. Il Pesci è "di là", nel centro senza centro, oltre, altrove, fuori, in un luogo non dominato dai nomi, dai concetti, dai pensieri comuni, dallo spazio delimitato e dal tempo misurato. Qui nulla è "normale", allineato, conforme, abituale, logico o ordinario. L'Alice dell'Aquario Carroll non deve attraversare lo specchio, perché il paese delle meraviglie, nei Pesci, è la regola; l'assurdo, il folle, l'illogico, l'impensabile, l'impossibile. Quello che non può essere detto con la consueta sintassi è la sua vera essenza, il luogo della sua consuetudine.

Il Pesci non può sistemarsi nella quotidianità. Se lo vedete uguale giorno dopo giorno - qualche volta succede e può anche avere un'apparenza tranquilla e mite - è perché da qualche altra parte ha il suo segreto e personale "buco nero" dove scivola in modo invisibile, un altro universo che gli occhi del mondo non possono vedere. E poi il ritorno. In questa dimensione. Quella degli umani, che hanno un nome e un ruolo. Sulla Terra. Anche a casa, nel consueto clima familiare.
Extraterrestre travestito da persona normale.

Il luogo dei Pesci è l'inconscio. Mare, oceano, ondeggiare dell'acqua senza tempo, su cui nessuno può tracciare coordinate, linee di latitudine e longitudine, dove nessuno può mettersi a misurare, dato che proprio la misura è il paradossale, un semplice "accordo" tra gli uomini, non realtà. La vera realtà è l'inesprimibile, l'indicibile, l'indescrivibile. Le parole qui coprono, invece di svelare e spiegare e i pensieri annebbiano invece di illuminare e definire. Acqua dello stato prenatale, dove l'essere non ancora venuto alla luce, già vive.

Assenza e presenza si invertono. Quando il Pesci è presente, in realtà è altrove e quando è altrove vuol dire che è presente. La sua assenza si fa sentire come una presenza e da lì dove è finito, dove è scappato, dove si è rifugiato, dove è andato alla deriva, dove sta facendo qualcos'altro, a sua volta vede, sente, coglie, capisce. La corporeità e la presenza non sono poi così necessari. Il vero non è il corpo, questo corpo, la fisicità, la cruda aridità che abbiamo incontrato nell'elemento Terra; piuttosto a dettare il ritmo ininterrotto del vivente è il fantasioso, l'irreale, l'immaginario, l'illusorio. Pesci è il luogo di una emozione che le rigorose linee della precisione concettuale non possono contenere e circoscrivere. Luogo dell'anima, dello spirito, della più potente e amplificata sensibilità, che spesso trema dalla paura, ma non può tradire se stesso, anche se, ogni tanto, per salvarsi, ci prova.
Pesci è poesia di solitudine. Delicatezza dell'animo. Magica, vibrante, infinitamente malinconica e silenziosa. Innamorata del mondo e al contempo in fuga dal mondo che non potrà mai capirla.

Il Pesci è l'ultimo segno dello Zodiaco, metafora e simbolo della vita in ogni sua forma, dissoluzione finale dell'Io e del Non-Io. Pesci è una dis-soluzione del confine vita-morte, certezza che oltre questa vita ce n'è un'altra, che ogni morte e ogni fine non rappresentano che una trasformazione. L'ultimo segno, diventa il primo: segno che precede la ri-partenza.
Poi, si ricomincia daccapo.
Perché il Pesci è sì l'ultimo segno dello Zodiaco, ma è anche il segno che precede il primo, che annuncia la nuova esplosione di luce simboleggiata dall'Ariete. La fine è il fine e il fine non è altro che il cominciamento. Pagina buia, pagina bianca, coscienza che qualcosa sta per finire e per iniziare. Preparazione, aspettativa. Caos. Il grande Caos che anticipa la nascita di tutto. Pesci è prima della vita e oltre la morte, è buio infinito che precede l'apparizione del Tempo. Possibilità assoluta, potenzialità. Prima del primo non c'è nulla, prima della nascita non c'è luce, corpo, oggetto, barlume. Prima del Big Bang, l'unico è inimmaginabile.
Tutto questo "prima" è Pesci.


JACK KEROUAC (Lowell, Massachusetts 12 marzo 1922, ore 17:00)

A quel tempo danzavano per le strade come pazzi, e io li seguivo a fatica come ho fatto tutta la vita con le persone che mi interessano, perché le uniche persone che esistono per me sono i pazzi, i pazzi di voglia di vivere, di parole, di salvezza, i pazzi del tutto e subito, quelli che non sbadigliano mai e non dicono mai banalità, ma bruciano, bruciano come favolosi fuochi d'artificio gialli che esplodono simili a ragni sopra le stelle e nel mezzo si vede scoppiare la luce azzurra... 
(Jack Kerouac, Sulla strada)

Il "pazzo" esaltato di cui parla Kerouac, il Dean Moriarty di Sulla strada, è l'uomo che trabocca di vitalità, che non si spegne nell'autocontrollo gelido del conformismo, è l'individuo che non tradisce la vita, ma la ama e la recita fino in fondo, con tutto se stesso, in un tuffo estatico nell'ebbrezza di esistere, che è sentire, totalmente, senza freni, inibizioni o condizionamenti.
Il movimento del vivente non può avere interruzioni. La stasi è morte. L'acqua del mare è flusso senza fine e il grande movimento Pesci è l'azione senza fine del vivente, eternità che mai si arresta perché se si arresta muore dal momento che è proprio del vivere l'essere continuamente oltre.
Qui non c'è l'ostacolo che il cavallo saggitariano deve saltare, né la barriera della convenzione che l'Aquario deve scardinare, né il confine che fa arrabbiare lo Scorpione, che verso il limite prova un pathos contraddittorio, l'amore-odio del nomade alla ricerca di un territorio proprio che mai raggiunge. Il Pesci è un universo infinito da percorrere, ricco, momento dopo momento, di emozioni. 
Il livello dell'emozione non può, però, mantenersi sempre così alto: il Pesci passa dall'entusiasmo più totale, all'abbattimento, allo sconforto e deve fare i conti con i colori dell'indicibile che non sono sempre rosei. Il Pesci è anche malinconica e oceanica tristezza.

Il tema del nomadico appartiene a diversi simboli del cerchio zodiacale. Nomadismo-Gemelli, teso a dimostrare al fantasma genitoriale la propria indipendenza. Nomadismo-Scorpione, che è assalto della macchina da guerra a ogni forma-stato. Nomadismo-Sagittario, cavalcata selvaggia alla conquista dell'ignoto. Nomadismo-Aquario, curiosità verso i mille mondi circostanti. Il nomadismo-Peschi è quello assoluto, non si lascia alle spalle nulla che davvero gli appartenga, condizione naturale di un vagare all'infinito immerso nell'infinitezza.

Per mesi a Paterson avevo studiato le carte geografiche degli Stati Uniti, avevo perfino letto libri sui pionieri e assaporato nomi come Platte o Cimarron eccetera, e sulla carta stradale c'era una lunga linea rossa chiamata Route 6 che andava dalla punta di Cape Cod dritta a Ely, Nevada, per scenere poi in picchiata verso Los Angeles. 
(Jack Kerouac, Sulla strada)

Kerouac è Pesci con ascendente Vergine, ed è il suo ascendente che gli offre la continuità, il metodo, la passione della scrittura e anche quell'amore per le carte geografiche dove le linee e i colori mettono in azione il sogno. Ma il Pesci lo vive il sogno, non lo mette in un cassetto. Il Pesci si oppone alla Vergine, è il suo contrario. La Vergine è la sostanza della ragione, il luogo in cui si inscrive il pensiero. È la grande Mente non attraversata da nulla, il pensiero, la parola che si disegna, che prende forma. Il Pesci è lo schermo vuoto, la pagina bianca della mente su cui quella scrittura virginea appare. Non ci potrebbe essere pensiero-parola-scrittura senza una "sostanza" che gli permette di manifestarsi, di depositarsi. Il Pesci è la consapevolezza di questa sostanzialità.

La mattina dopo, mentre Remy e Lee Ann continuavano a dormire, presi in silenzio le mie cose e sgattaiolai via dalla finestra nello stesso modo in cui ero entrato. Lasciavo Mill City con la mia borsa di tela, senza aver mai passato quella famosa notte sulla vecchia nave fantasma - l'Admiral Freebee, così si chiamava - e l'amicizia tra me e Remy era finita. 
(Jack Kerouac, Sulla strada)

È noto che i Pesci vanno e vengono. Compaiono e spariscono e dopo qualche tempo ricompaiono. A volte spariscono del tutto e non li si vede più. La sparizione è Pesci; e spariscono perché non ha senso la vita nel mondo senza l'alta tensione emotiva, senza un'accensione interessante. Per recuperare quella tensione il Pesci si ritira, ha bisogno di tornare ai suoi spazi di meditazione e solitudine. E il passaggio da uno stato all'altro è dato proprio da una sconfinata tristezza, da una malinconia senza fine.
Una volta che la ricarica emotiva si è compiuta, torna nel mondo. Riappare all'improvviso. Spesso in modo tsunamico, irresistibile. Poi sparirà ancora. Se ne andrà. Chissà dove. In qualche altro universo.


MICHEL HOUELLEBEQ (Saint- Pierre, Réunion, 26 febbraio 1958, ore 13:00)

Questo libro è innanzitutto la storia di un uomo, di un uomo che passò la maggior parte della propria vita in Europa occidentale nella seconda metà del Ventesimo Secolo. Perlopiù solo, egli intrattenne tuttavia saltuari rapporti con altri uomini. Visse in un'epoca infelice e travagliata. La nazione che gli aveva dato i natali scivolava lentamente, ma inesorabilmente verso la fascia economica delle nazioni di media povertà; sovente incalzati dalla miseria, gli uomini della sua generazione pativano comunque un'esistenza solitaria e astiosa. I sentimenti d'amore, di tenerezza e di umana fratellanza erano in gran parte scomparsi; nei loro mutui rapporti, i suoi contemporanei davano assai spesso prova di indifferenza e di crudeltà. 
(Michel Houellebeq, Le particelle elementari)

Il Pesci Michel Houellebeq, non può sconfiggere la lancinante dicotomia tra realtà e sogno, tra necessità quotidiana e ideale, tra bisogno d'amore puro e deriva nell'ossessione erotica e perversa; nelle sue opere struttura un realismo spietato e cinico che non lascia più spazio alla minima speranza per una civiltà, quella occidentale, ormai perduta. La solitudine diventa norma, l'incomunicabilità totale, il decadimento della mente e del corpo inesorabile, la cattiveria e l'egoismo generalizzati. Tutto è indifferenza e crudeltà.

Diventava sempre più chiaro che Bruno stava male, che non aveva amici, che era terrorizzato dalle ragazze, che nel complesso la sua adolescenza era una patetica catastrofe. Il padre se ne rendeva conto e si sentiva sopraffatto dal senso di colpa. 
(Michel Houellebeq, Le particelle elementari)

Bruno è uno dei due fratellastri, entrambi abbandonati dalla madre, protagonisti de Le particelle elementari, forse il più noto dei romanzi di Houellebecq. È un letterato, scrive poesie, ma soprattutto è ossessionato dal sesso, estremo surrogato di una mancanza di amore e di affetto fino a una morbosità che lo conduce più volte dentro e fuori la clinica psichiatrica. È la parte Pesci dello scrittore, l'anima sensibile, troppo sensibile per sopportare la ferita lancinante di una madre assente e gelida. La straordinaria ricettività dell'ultimo dei segni d'Acqua è una delle qualità del segno, ma facilmente si traduce in amplificazione dello spiacevole, che altri caratteri più duri e resistenti reggono meglio.
Quella sensibilità che diventa intuizione, intelligenza, che coglie i più nascosti dettagli, che sa penetrare nell'animo altrui con estrema facilità e genera esaltanti empatie con le persone e la natra, è anche la causa dell'immenso dolore che, in alcuni casi, diventa male fisico, disturbo, afflizione, infermità.

Il Pesci è la presenza del dolore e della sofferenza nella vita umana. Il desiderio di sfuggire da questo triste destino umano può diventare allora incondizionato. Non solo fuga nella fantasia, in qualche mondo segreto e impossibile, ma evasione radicale, addio a questo mondo, negazione e taglio netto di tutto, compresa quella sensibilità che nei Pesci è l'essenza. Così il Pesci Houellebecq, ormai disilluso e privo di speranza, può delegare l'esistenza - di sé e della specie - al suo ascendente Vergine, che realizza sì il sogno della vita eterna attraverso la clonazione  - nel romanzo La possibilità di un'isola -, ma al prezzo di un distacco definitivo dall'umano stesso.
Nella luce che declina, assisto senza rimpianti alla scomparsa della specie. Un ultimo raggio di sole sfiora la pianura, passa sopra la catena montagnosa che ne sbarra l'orizzonte verso est, tinge il paesaggio desertico di un alone rossastro. I reticolati metallici della barriera di protezione che circonda la casa scintillano. Fox ringhia piano; percepisce probabilmente la presenza dei selvaggi. Per loro non provo alcuna pietà né alcun sentimento di appartenenza comune. Li considero semplicemente come scimmie un po' più intelligenti, e di conseguenza più pericolose. Mi capita di aprire la barriera per soccorrere un coniglio o un cane randagio; mai per soccorrere un uomo. 
(Michel Houellebecq, La possibilità di un'isola)


PIER PAOLO PASOLINI (Bologna, 5 marzo 1922, ore 6:30)

[...] sono come un gatto bruciato vivo,

pestato dal copertone di un autotreno,
impiccato da ragazzi a un fico,
ma ancora almeno con sei
delle sue sette vite,
come un serpe ridotto a poltiglia di sangue
un'anguilla mezza mangiata [...] 

(Pier Paolo Pasolini, Una disperata vitalità)

Pesci è anche sacrificio. Vocazione del farsi mettere in croce. Redimere il mondo attraverso il proprio dolore. Animo violato da un desiderio infinito di accoglienza. Farsi fare a brandelli dall'esistenza troppo dura. Espiazione.
In Pasolini si passa dall'atteggiamento edonistico ed estetizzante a un'altra sfumatura di quello struggersi e autodistruggersi che si incontra in tantissimi artisti e scrittori del segno. Stupore e incantamento di fronte alla bellezza, ma anche sensazione di un esilio irrimediabile che l'innocenza comporta.
Pesci è il dubbio di identità, domanda interiore che riverbera in un "chi sono?" senza fine, accogliendo i vari noi che il mondo propone con senso di sacrificio, oppure con dedizione autentica, altre volte ancora con insofferenza e quindi con la fuga, se non con un eclissarsi radicale. Il Pesci si traveste, perché non è sicuro di chi è davvero. Non possiede le forti e disincantate linee verginee, che per quanto disilluse nel confronto col mondo, sanno mantenere la posizione. I Pesci non sempre si accettano per quello che sono. Gli abissi marini nascondono un'infinità di creature. Anche qualche squalo e qualche barracuda, perché poi non è vero che Pesci significa solo fragilità, ma il rapporto con ciò che esiste fuori, nel mondo, questo mondo così condizionato dalle sue convenzioni e regole, è comunque raramente sereno.

[...]Non ha diritti, il puro... Ogni ragioneavrebbero, essi, di rivolgere duro 

e quasi ostile - offeso nella sua passioneintransigente - lo sguardo, a lui che ha persoil suo oscuro gioco con la pubblica opinione. 

Egli può, oh sì, dentro di sé urlare, immersonel terrore di un'ipocrisiache è la norma dell'umile universo: 

ma, di fronte agli altri, egli sa che non c'è viache accettare la fine di quanto finìnell'umiliazione, o in un po di poesia [...] 
(Pier Paolo Pasolini, La persecuzione)

Per Pasolini basta essere diseredati, poveri e disperati, per non scivolare nel male e nell'inferno eterno. La purezza è anche una condizione sociale. Nei Pesci non manca quasi mai un'epica della vita degradata, che si accompagna a un ininterrotto bisogno di normalità, di accoglienza proprio da parte di un mondo da cui ci si sente immensamente lontani.


ANAÏS NIN (Neuilly-sur-Seine, 21 febbraio 1903, ore 20:16)

Tutte le mattine, dopo colazione, mi sedevo e scrivevo la mia dose di pornografia. Una mattina battei a macchina: "C'era un avventuriero ungherese...". Gli diedi molti vantaggi: bellezza, eleganza, fascino, il talento di un attore, la conoscenza di molte lingue, un genio per l'intrigo, un genio per trarsi dagli impicci e un genio per sottrarsi alla costanza e alla responsabilità. 
(Anaïs Nin, Il delta di venere)

La donna Pesci è una delle più sensuali, erotiche, fantasiose, trasgressive, tanto più che qui l'eccesso e la potenza erotica non sono la conseguenza di un bisogno inconscio di conferma e nemmeno di una inconscia aggressività verso il maschile. Nella Nin il potere del femminile erotico-nomadico esprime se stesso per espansione naturale: la femminilità della donna Pesci deve solo accettare la propria natura straripante, carica di affetto e di dolcezza, di piacere, di voluttà, di eccitazione. Donna morbida ed edonista a cui l'esplosione dell'eros non fa paura, ma anzi esalta, dà senso a tutto.
La donna Pesci è femminilità oceanica e senza limite che ha la potenza in sé. Mantenere una relazione viva con una donna dei Pesci significa saper parlare all'anima istante dopo istante.

Il sesso non prospera nella monotonia. Senza sentimento, invenzioni, stati d'animo, non ci sono sorprese a letto. Il sesso deve essere innaffiato di lacrime, di risate, di parole, di promesse, di scenate, di gelosia, di tutte le specie della paura, di viaggi all'estero, di facce nuove, di romanzi, di racconti, di sogni, di fantasia, di musica, di danza, di oppio, di vino. 
(Anaïs Nin, Il delta di venere)

Così deve essere l'amore per la donna Pesci: dedizione totale che consente quella dissoluzione dell'Io che proprio nell'abbandono assoluto ritrova se stesso; attaccamento che è compenetrazione nell'altro, mai troppo duraturo sui tempi lunghi, se non come trasformazione, poi, in un affetto tenero e premuroso. La donna Pesci è vicinanza calda, pronta al trasporto, mai aggressiva, furiosa, sbilanciata. Mai volgare anche nel più estremo degli eccessi.


E siamo giunti anche alla fine dei Pesci.
Devo dire che delle donne analizza sempre l'aspetto legato al lato sentimentale, credo che di Anaïs Nin ci fosse da dire molto di più e in generale ci fossero molti più esempi femminili del segno dei Pesci che potevano essere presi ad esempio, forse anche il buon Pesatori ha bisogno di qualche ripassino sulla parità dei generi, ma dobbiamo farci andare bene quello che abbiamo. Vedremo se noi donne avremo più fortuna nei prossimi segni!
Vi aspetto martedì prossimo per parlare dell'Ariete!

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