Los Angeles -> Miami ON THE ROAD. Giorno 2: Los Angeles -> Las Vegas

Seconda puntata di resoconto del nostro viaggio di nozze.
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E ora via da dove eravamo rimasti!

SECONDA TAPPAEl Monte - Joshua Tree - Las Vegas
Giorno #2: 11 Febbraio 2019
Km percorsi: ∼500 km
Clima: Mite e soleggiato (18° circa)
Stati attraversati: California e Nevada
















Stenterete a credere ai vostri occhi, e in caso vi invito a controllare su Maps, ma quel "pezzettino" di strada da El Monte (poco fuori Los Angeles) a Las Vegas, sono 500 km. Milano - Roma sono circa 570, giusto per avere un parametro.
Questo per cominciare ad introdurre un discorso che ricorrerà in questo resoconto: l'immensità degli spazi. Negli Stati Uniti hai proprio questa sensazione di essere immerso in uno spazio enorme, sensazione che ti affascina e ti disorienta. Ne riparlerò meglio ovviamente nelle tappe in cui vi racconterò del Grand Canyon e in generale delle meraviglie naturalistiche, ma questo della vastità è un tema che si può applicare a molti contesti. L'autostrada, per esempio. Uscire da Los Angeles è stato abbastanza delirante. Per una buona ventina di chilometri prima di entrare/uscire dalle grandi città c'è questo dedalo di svincoli, snodi stradali e rampe di immissione che sembrano architetture steampunk in 3D, che raggiungono tranquillamente anche 6 corsie di marcia più quella del car pooling¹. Inoltre le corsie sono immense (per contenere le loro macchine che sembrano transatlantici) e insomma è veramente tutto più grande. Ma non solo grande in senso di dimensioni. E' proprio tutto più ampio, più arioso. In Italia, a meno di essere al mare o in qualche posizione rialzata, siamo abituati ad avere sempre qualcosa che ci interrompe il viaggio dello sguardo lungo la linea dell'orizzonte, una collina, una montagna, il profilo di una città, ecc... Ebbene negli Stati Uniti, senza doversi portare in una posizione sopraelevata, si riesce a seguire la linea dell'orizzonte fino al punto di fuga dove tutto sembra convergere. È una prospettiva che non si riesce a spiegare adeguatamente a parole, Marito mi ha detto di averla sentita descrivere tante volte (anche da me), ma di averla colta chiaramente solo vedendola di persona.
Ma mi sono persa. In questa tappa, in particolare, non abbiamo fatto grandi foto lungo la strada, quindi rimandiamo il discorso a quando avrò qualche foto da mostrarvi, che magari mi spiego meglio. 

Torniamo al nostro viaggio. Non proprio mattinieri (ma il giorno prima era stato allucinante), lasciamo il nostro Motel 6 a El Monte, talmente tipico da sembrare quasi uno stereotipo (e invece son fatti proprio così) e impostiamo il navigatore verso la nostra prima tappa: la colazione! Era la nostra prima colazione in suolo americano e volevamo sfondarci come solo loro sanno fare, ma eravamo anche un po' spaventati dalla durata della tappa (da El Monte al Joshua Tree c'erano un paio d'ore e mezza di strada e poi altrettante la sera per arrivare a Las Vegas) e quindi abbiamo optato per una soluzione quick and dirty: Denny's². Ci siamo scofanati l'impossibile (salsiccia, bacon, uova, pane tostato - già imburrato da loro -, pancake, caffè e succo di mela) e abbiamo avuto bisogno di qualche minuto di raccoglimento prima di riuscire ad alzarci dal tavolo.

Riguadagnata la posizione eretta, siamo rotolati fino alla macchina e prima di far strada verso il Joshua Tree, decidiamo per una sosta "veloce" a un Walmart  per fare un po' di scorte di cibo e acqua per il viaggio. Veloce per modo di dire, innanzitutto perché Walmart è praticamente una città con un suo governatore autonomo e una popolazione ormai ignara di quello che accade nel mondo esterno e se ti distrai un attimo cominci a vagare tra il reparto televisioni e quello patatine in sacchetto e bam! sono passati 5 anni. 
Ma a parte questo, mentre sono alla cassa per pagare, noto che Marito discorre con un amabile vecchietto col cappello (probabilmente un esponente della resistenza che ancora familiarizza con gli abitanti del Mondo Esterno) che, tra un convenevole e l'altro, ci chiede dove siamo diretti. Peccato che non si accontenti di sapere che stiamo andando al Joshua Tree, no, vuole sapere anche dove andremo DOPO il Joshua Tree. Proprio un istante prima che io decidessi di acciuffare il braccio di Marito per mettere più distanza possibile tra noi e quello che stava evidentemente rivelandosi come un perverso serial killer di coppiette in viaggio di nozze, Egli improvvisamente dà un senso a quell'interrogatorio raccomandandoci di prendere una specifica strada (più scenica e panoramica dell'autostrada) quando saremmo usciti da Joshua Tree per andare a Las Vegas, ma ovviamente, come tutti gli adorabili vecchietti anche oltreoceano, pretende di darci le indicazioni a voce.
A due stranieri.
Su un luogo a circa 250 km da quel Walmart.
In inglese.
E niente quando io suggerisco che ci sarebbe bastato il nome della via in questione da inserire sul navigatore, lui mi rivolge uno sguardo tra il diffidente e lo sconcertato e poi ricomincia a spiegare dall'inizio. Peccato, eravamo già alla terza svolta dopo il quinto semaforo. Shame on me!
Alla fine si fa sfuggire che la strada si chiama Amboy Road e che parte da Twentynine Palms, il primo paesino che si incontra all'uscita Nord del parco. Tanto ci basta. 

Ringraziamo il vecchiettino (che, btw, aveva il carrello pieno di ribs, patatine fritte e in generale viveri sufficienti per un'apocalisse zombie) e finalmente ci mettiamo una volta per tutte in marcia per la nostra vera prima tappa: il Joshua Tree National Park. Questo parco, proclamato Parco Nazionale nel 1994, si colloca proprio nel punto in cui il Deserto del Colorado incontra quello del Mojave e deve il suo nome alla Yucca brevifolia, arbusto metà albero e metà palma  ribattezzato Joshua Tree in inglese (albero di Giosuè) da un gruppo di coloni mormoni che attraversarono il deserto del Mojave nel XIX secolo. L'albero ricordava ai mormoni l'immagine di Mosé che con le braccia alzate al cielo pregava per la vittoria di Israele (guidato in battaglia da Giosuè) contro Amalek.³ E' uno dei parchi più suggestivi della California, soprattutto verso sera quando i profili di questo albero sembrano quasi staccarsi dal piano dell'orizzonte infuocato dal tramonto.
La superficie si estende per 3200 km ed è adatto per una visita in giornata. Chiaramente ci sono cose da fare sufficienti per impiegare una settimana, ma ovviamente bisogna fare delle scelte, a maggior ragione in un viaggio itinerante con tante tappe.
Tutti i parchi federali (e questo non fa eccezione) sono organizzati in maniera molto efficiente. In corrispondenza delle varie entrate dei parchi si trovano i Visitor Centers, tutti muniti di bagni, negozi di souvenirs, a volte bar, ma soprattutto dell'imprescindibile banco dei Rangers, dove si riceve la mappa del parco (alcuni hanno superfici di centinaia di chilometri) e dove si ricevono informazioni per sfruttare al meglio la visita al Parco.
Il ranger ti chiede di quanto tempo disponi e che attività preferisci praticare (passeggiate leggere? trekking duro? girare in macchina e vedere solo i panorami? arrampicata? e attività varie a seconda del parco) e poi ti segna tutto sulla cartina con tanto di note e consigli personali. Ovviamente sono sempre estremamente disponibili anche a rispondere alle tue domande e a darti altre informazioni generali sulla flora e la fauna del parco. Spesso, se c'è un punto di vista particolarmente suggestivo per ammirare il tramonto, te lo segnano sulla mappa con tanto di orario del tramonto appuntato accanto. Adorabili!

Keys View
Noi abbiamo abbiamo dedicato a questo parco circa 4 ore. Tra la colazione, la spesa a Walmart e la strada da percorrere, siamo arrivati lì intorno alle 14 e siamo ripartiti alle 18. 

Skull Rock
Adeguatamente istruiti dai rangers, abbiamo ottimizzato il nostro tempo al meglio e siamo riusciti a fare diverse cose: ci siamo sporti dalle rocce alla Keys View, una veduta panoramica di alcune zone del parco; ci siamo arrampicati sui massi della formazione rocciosa chiamata Intersection Rock; dove una ragazza decisamente più fuori forma di me ha deciso di farmi sentire una culo pesante all'ennesima potenza arrivando fino in cima ad una salita mezza arrampicata ai piedi della quale io mi ero miseramente arresa. Abbiamo scoperto la Skull Rock, una singolare roccia a forma di teschio, formatasi a causa dell'erosione del granito sotto l'effetto dell'acqua e siamo anche riusciti a fare un trail.

Hidden Valley
Ne abbiamo scelto uno facile e breve, perché alla fine essendo arrivati alle 14 non avevamo moltissime ore di luce. Abbiamo deciso per il trail nella Hidden Valley, un percorso circolare di 1,6 km che si snoda tra due giganteschi muri di roccia e che culmina in una valle (appunto nascosta) aperta e delimitata da pittoresche formazioni rocciose. Essendo un po' fuori stagione (in California c'è quasi sempre bel tempo, ma Febbraio è comunque un periodo di bassissima stagione) praticamente c'eravamo solo noi. Questo ha contribuito ulteriormente a rendere talmente vivida la nostra esperienza all'interno di quell'ambiente che sembrava che da un momento all'altro dovesse saltarti fuori un indiano che ti puntava una freccia in faccia.
È stata una splendida prima gita e siamo rimasti davvero soddisfatti da questo parco che, devo dire la verità, pensavo non sarebbe stato niente di che (considerati i parchi che avremmo visto in seguito) e che invece ci ha davvero sorpresi!
Il consiglio letterario di questa puntata è dedicato ai grandi spazi, alla lentezza e alla resistenza necessarie per coprirli a piedi, alla pazienza e alla solitudine. Sedetevi su uno spuntone dell'Intersection Rock, fate assestare bene il vostro sedere alla forma irregolare della roccia,  lasciate che i muscoli si adattino, appoggiate la schiena, la testa, rilassate il collo e abbassate le spalle. Respirate. Lasciate che il deserto vi pervada e che il vostro cervello emotivo reagisca a questa presenza nuova. A volte riporta alla mente ricordi lontani, altre volte sbroglia situazioni attuali e sebbene non predica il futuro, ogni tanto ci consegna delle intuizioni che lì per lì passano inosservate e poi si attivano dentro di noi molto tempo dopo.
Una simile vastità, permette di affrontare un'opera titanica. Prendete il classico che non avete mai avuto il coraggio di affrontare, il saggio che vi hanno consigliato, ma che non avete ancora avuto tempo di leggere, il libro di oltre 1000 pagine che vi spaventa cominciare e fatelo. Cominciatelo.
Il deserto ha tempo e vi aspetta.
Io vi consiglio di fare ka-tet col deserto, parlargli dan-dinh, girare la ruota del ka e cominciare a leggere la Torre Nera di Stephen King, aye!
"L'uomo in nero fuggì nel deserto e il pistolero lo seguì".

All'uscita dal parco, prima di tirare verso Las Vegas, facciamo una breve sosta alla Oasis of Mara, una vera e propria oasi naturale nel deserto che che dava acqua e sostentamento alle popolazioni di nativi americani e che ora a quanto ci è sembrato, è stata trasformata in una specie di resort con ristorante. Per fortuna è ancora possibile percorrere gratuitamente il sentiero lastricato lungo poco più di due chilometri che, disseminato di pannelli didattici, gira intorno all'oasi. Purtroppo non ci siamo potuti fermare molto perché il sole cominciava a tramontare e noi avevamo ancora due ore e mezza di macchina davanti. Per di più Marito non si era ancora del tutto ripreso dalla febbre di prima della partenza e quindi cominciava ad accusare la stanchezza.

Riprendiamo la macchina, imbocchiamo la Amboy Road. È il tramonto. La luce bassa color miele inghiotte tutto e investe le sparute case abbandonate che ci scorrono sui vetri dei finestrini, fatti schermi su cui abbiamo visto mille volte questi paesaggi, da casa. Ma ora ci siamo dentro. Ne facciamo parte. Marito è alla guida e io mi lascio ipnotizzare da quell'orizzonte sterminato che a ben vedere in realtà pare restringersi sempre di più fino a far passare la strada dentro un puntino invisibile che sembra doverci inghiottire da un momento all'altro.
Scuoto la testa, torno presente, guardo Marito.
C'è un silenzio rarefatto.
Sulla strada ci siamo solo noi.
E chissà se siamo davvero qui.

Cala il buio, ma le luci di Las Vegas generano un bagliore - debitamente considerato inquinamento luminoso - difficile da non notare.
Il ritorno alla civiltà (civiltà?) ci innervosisce un po', siamo stanchi e siamo ancora troppo pieni di silenzio e bellezza per essere pronti per questa città che davvero non dorme mai.
Quando riusciamo a fare il check-in al nostro hotel - proprio sulla Strip - sono già le 21 e noi siamo affamati e frastornati. Ceniamo vicino all'hotel, facciamo un giro nel Casinò incorporato.

Marito non è in piena forma, io mi sento un po' in un posto alieno, dopo la giornata appena trascorsa.
Prima di mezzanotte siamo già a letto.
A Las Vegas, ci penseremo domani.


Estratto dal nostro diario di viaggio

Il parco era immenso, abbiamo visitato diverse zone e visto qualche panorama e siamo anche riusciti a fare una camminata breve di un miglio, però ovviamente non ne avremo visto neanche la metà. Avendo come scopo il coast to coast non possiamo nemmeno pretendere di approfondire tutto. Il nostro viaggio è il viaggio. Non vogliamo fare le maratone e vedere mille cose di corsa solo per dire che le abbiamo viste!

Leggi la prossima puntata qui!

Corridoio del Flamingo a Las Vegas.
Manca qualcosa.




¹ in molte Highway e Freeway la corsia più a sinistra è riservata al car-pooling, ossia alle macchine occupate da almeno due persone: il guidatore e un passeggero.
² catena di fast food di fascia media (come prezzi) che serve tutti i pasti, ma soprattutto la colazione a tutte le ore! 
³ Esodo (7: 8-11) 8 Allora Amalek venne a combattere contro Israele a Refidim. 9 Mosè disse a Giosuè: «Scegli per noi alcuni uomini ed esci in battaglia contro Amalek. Domani io starò ritto sulla cima del colle con in mano il bastone di Dio». 10 Giosuè eseguì quanto gli aveva ordinato Mosè per combattere contro Amalek, mentre Mosè, Aronne, e Cur salirono sulla cima del colle.11 Quando Mosè alzava le mani, Israele era il più forte, ma quando le lasciava cadere, era più forte Amalek.

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