La meditazione del tè

Una volta qualcuno mi ha detto che se se si ha tempo bisogna meditare un'ora, se non si ha tempo, due.

Si tratta di un paradosso che vuole evocare la necessità urgente che il corpo ha di essere presente a se stesso, senza l'interferenza della mente, che è sempre impegnata in diecimila cose contemporaneamente.
La mente indugia nel passato o è proiettata nel futuro, è difficile che stia ferma nel presente, non lo sa fare, è sempre troppo in movimento.
Il corpo invece no. Il corpo è uno ed è qui e ora e non sa essere in due posti contemporaneamente, quindi compie uno sforzo incredibile quando gli chiediamo di fare mille cose insieme (la famosa capacità, squisitamente contemporanea, di essere multitasking). 

La stessa persona mi ha anche detto, prendendo in prestito la metafora di un filosofo il cui nome è ormai perso nei meandri della mia labile memoria, che siamo come delle teste enormi, ipersviluppate dal punto di vista cognitivo, appoggiate sopra un corpo minuto e striminzito, che abbiamo del tutto smesso di ascoltare.
In ogni cosa che facciamo, siamo altrove.
In un altrove che ora è svago, ora è ansia lavorativa, ora è intrattenimento, ora è una tensione irrefrenabile a sopprimere la noia, a tenerci occupati.
Anche chi non ha problemi patologici di concentrazione, non è mai concentrato al 100% su una cosa, il flusso continuo di input a cui siamo sottoposti / ci sottoponiamo, non ce lo permette.

E così mentre mangiamo un panino al volo, scrolliamo home di qualche social network e ci viene in mente che dobbiamo leggere quella mail che ci è arrivata la sera prima e mentre leggiamo la mail, continuiamo a mangiare distrattamente il panino e intanto che si carica l'allegato della mail andiamo un attimo a sentire la nota vocale che ci è appena arrivata...non vi viene mal di testa?
Non stacchiamo veramente mai. 

Da qui la meditazione del tè.
Per gli iperconnessi come noi, abitanti di questo pianeta in questo periodo storico, pensare di schioccare le dita e passare da uno stato di perenne brusio mentale a uno stato di spegnimento (temporaneo) della mente è qualcosa di impossibile.
Ma possiamo provare a staccare per una decina di minuti?


Aspettiamo di essere soli anche solo per una mezz'ora e facciamoci un tè (o un caffè o qualunque bevanda vi aggradi).

Mettiamo il cellulare in un'altra stanza, silenzioso.

Prendiamo il bollitore, riempiamolo d'acqua, accendiamolo. 

Sediamoci. 

Senza
fare
nient'altro.

Aspettiamo che l'acqua bolla. Poiché siamo in silenzio e non stiamo facendo nient'altro, ci accorgeremo di sentirne il rumore. Ascoltiamolo.

Versiamoci una tazza d'acqua calda e mettiamoci dentro la bustina del tè.

Aspettiamo qualche minuto intrattenendoci solo con lo spandersi dell'aroma del tè nell'aria e con il macchiarsi, lento, dell'acqua che da trasparente si fa opaca e poi scura, o rossa o color miele. 

Senza 
fare 
nient'altro. 

Togliamo la bustina. Se mettiamo un goccio di latte nel tè, concentriamoci sul turbine che crea il bianco del latte all'interno del liquido colorato e osserviamo come lentamente i due colori si amalgamino perfettamente. 

E poi, finalmente, godiamoci la nostra tazza di tè. 


Chissà se ce la possiamo fare. 
Scritta così sembra che io voglia insegnare chissà che cosa, mentre invece per me è ancora una sfida, visto che, peraltro, associo il tè ai libri o alle chiacchierate in compagnia, o, lo ammetto, allo scrolling forsennato della home di facebook o di internet in generale, però ci voglio provare. 

Nella società dell'iperconnessione, scollegarsi è un lusso. 

Fatemi sapere se ci riuscite!


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