L'attesa

In quest'era di messaggistica istantanea, di condivisioni in tempo reale, di intere conversazioni digitali (sic!) affidate a un potente server magari collocato in Giappone, di spunte singole e spunte doppie, è difficile riuscire a provare ancora il senso dell'attesa.
È ancora comune in ambito sentimentale, negli amori non corrisposti o nel periodo del corteggiamento, in cui anche una doppia spunta blu senza conseguente risposta, riesce talvolta a crearci quel senso del Tempo, quello delle lettere e ancor prima delle notizie riportate oralmente, che dovevano provare i nostri antenati anche non troppo lontani.
C'era una sorta di fiducia quasi fideistica, prima.
Si attendeva, a volte anche settimane, sereni, confidando in una risposta futura, che sarebbe giunta appena possibile.
C'erano tempi obbligati, prima, che cominciavano fin dalla stesura stessa della lettera, continuavano con la sua spedizione e si protraevano fino al tempo della consegna.
Era normale, aspettare.
Di qualunque tipo fosse la comunicazione.
Io sono piuttosto ansiosa e a volte mi chiedo se quest'ansia non mi derivi anche dall'immersione costante in questa società del Tutto e Subito, perché le risposte, quando i messaggi sono importanti, possono anche tardare e io lo so.
Solo, ogni tanto, mi serve che qualcuno me lo ricordi.

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