Prospettive

Metro.
Mattina inoltrata.
Una signora, in piedi, guardando una fila di persone sedute e con la testa sprofondata nei propri smartphone, scuoteva il capo indignata e commentava col compagno di viaggio di come i giovani d'oggi (che poi tra le persone incriminate c'erano anche adulti, ecco…) siano completamente schiavi di quegli “aggeggi del diavolo” (sic!) che avevano ucciso la comunicazione e che li isolavano impedendogli di scambiare due chiacchiere coi vicini.
Io stavo leggendo un libro. Ero seduta nella fila dirimpetto a quella degli smanettoni tecnologici.
La mio vicina stava leggendo un libro; il vicino della mia vicina stava leggendo un libro e l'ultimo della fila leggeva un quotidiano.
Tutti in silenzio, facce anche un po’ corrucciate per la concentrazione, teste chine, identiche alle loro.
Ho alzato lo sguardo per un attimo e ho guardato la nostra fila e poi la “loro” fila, ho guardato la signora e poi ho ripreso a leggere.
Eravamo più virtuosi perché avevamo in mano degli oggetti più “retrò”.
Poco importa che magari la mia vicina stesse leggendo le cinquanta sfumature, il tizio in fondo magari “Libero”, e quello in mezzo il libro di Schettino.
Eravamo più virtuosi di loro, che magari stavano smanettando con un'app per imparare l'inglese, controllavano gli orari di una mostra o leggevano un articolo sulle neuroscienze.
Welcome to 2015.
[Poi magari no, eh? Stavano giocando a Candy Crush, erano su Badoo o stavano aggiornando il loro blog contro i vaccini, però, ecco, queste associazioni rigide sono un bel po’ assurde]

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