Erbolibreria - Puntata 3 - Il Lino

 Bentortati e bentornate alla nostra rubrica domenicale di erbolibreria: una pianta e un libro.

Settimana 3: 11 - 17 Gennaio

Pianta della settimana: LINO


Anche questa settimana mi scontro con la mia ignoranza e mi rallegro di aver deciso di lanciare questa rubrica perché mi sta permettendo di scoprire cose incredibili e di tornare in contatto con una versione di me che avevo messo da parte da troppo tempo.
Intanto ho scoperto che il lino ha questi fiori bellissimi che assomigliano vagamente ai non ti scordar di me che io adoro e che mi hanno fatto venire in mente che sarebbero perfetti per le mie resine, ma veniamo al punto.
È una pianta annuale che può raggiungere anche il metro di altezza. Seminato tra aprile e giugno, fiorisce fino ad Ottobre. Presenta un unico stelo con foglie molto strette. I fiori sono appunto di un graziosissimo colore blu tenue, con cinque petali. I frutti sono delle bacche tonde e i piccoli semi sono di colore bruno, lisci e leggerissimi.

La prima cosa che ho scoperto in questa settimana di letture su questa pianta è che il lino è come il maiale: non si butta via niente: i prodotti di eccellenza sono il filato e l’olio dai semi, largamente usato nei prodotti per la salute ed anche per la cosmetica, grazie alle numerose e importanti sostanze protettive che contiene.  A questi si aggiungono la carta e i feltri, prodotti dalle fibre, e le vernici e il linoleum, ottenuti con l’olio di lino. Infine, con la paglia di lino (anas) si producono lettiere per cavalli e isolanti termici ed acustici a basso impatto ambientale.

Il lino è una delle prime colture domesticate. È stato ampiamente coltivato fin dall'antichità e Wikipedia dice che in Georgia, sul Mar Nero, all'interno di una grotta sono state ritrovate delle fibre di lino tinte che sarebbero databili addirittura al 30 000 a. C. Viene coltivato dal Neolitico soprattutto in una vasta area che comprendeva Mesopotamia, Mar Caspio e la parte orientale del Mar Nero e prevalentemente come fibra poiché dal suo filato, ottenuto dallo stelo della pianta, si ottengono capi resistenti e freschi, di ottima qualità, realizzabili sia con trama più fine e leggera, per la biancheria, sia lasciato più grezzo, per capi di abbigliamento, tendenzialmente estivo. Nell'antichità era particolarmente apprezzato per confezionare i paramenti sacri, ma, grazie alla sua resistenza, veniva anche usato per la produzione di vele per navi e cordami vari.
In Egitto è largamente attestato l'uso del lino nel IV millennio a.C. sia come tessuto che per ricavare oli medicamentosi e decotti (in questo caso lavorandone i semi), ma l'uso più noto è quello relativo alla realizzazione delle bende con cui venivano avvolte le salme per essere mummificate. Il lino fu usato anche dai Greci, ma la vera svolta si ebbe con l'impero romano, quando da tessuto raffinato divenne una stoffa di uso comune. 

Il Medioevo fu il vero periodo d'oro per il lino, le cui piantagioni si moltiplicarono, diffondendosi presso tutti i territori che avevano abbondanza di acqua. Fu l'avvento del cotone a segnare una battuta d'arresto per la produzione e l'utilizzo del lino. Nel corso del XIX secolo la meccanizzazione dei processi di filatura e tessitura fu tutta appannaggio del cotone, mentre la produzione del lino restò in gran parte artigianale, cosa che segnò il declino del tessuto. Quando finalmente si cominciarono ad apprezzare buoni risultati anche nella lavorazione del lino a livello industriale (attraverso il perfezionamento degli impianti meccanici che cominciarono a dare buoni risultati anche con il lino), la stoffa tornò in voga e quindi circa dalla fine dell'Ottocento i capi di lino sono tornati ad essere considerati tra i più pregiati.

Il lino fu molto utilizzato in Etruria, cosa che mi ha portato a scoprire una piccola curiosità: il Liber linetus Zagrabiensis, più comunemente conosciuto come Mummia di Zagabria è il più lungo testo in lingua etrusca di cui disponiamo (circa 1200 parole) viene considerato il più antico libro in Europa ed è anche l'unico libro in lino esistente. Si tratta di un rotolo di lino, suddiviso in 12 riquadri rettangolari (oggi ricomposto ed esposto nel museo Archeologico di Zagabria) ciascuno contenente 34 righe di un testo. Il drappo veniva poi ripiegato a fisarmonica secondo delle righe verticali dando l'idea di essere un vero e proprio libro. Originariamente unito, il "libro" era stato diviso in queste 12 strisce per essere utilizzato come bende per la mummificazione di una donna vissuta nell'egizia Tebe nel IV - I sec. a. C. Viene detta "Mummia di Zagabria" perché fu portata in città nel XIX secolo dal nobile Mihail de Brariae come trofeo dal suo viaggio in Egitto solo successivamente ci si rese conto che gli strani caratteri presenti sulle bende per la mummificazione non erano geroglifici, ma un testo etrusco che sembra esser stato decifrato come un calendario rituale. 
Ovviamente, da bibliofila incallita, ho subito provato a vedere se si trovava in commercio una riproduzione del testo con magari qualche nota storica. Beh, pare che non si trovi nulla a meno di 280€ (con punte a 550€) cosa che non ha fatto altro che accrescere la mia curiosità, ma, per ora, ho desistito.

Dal punto di vista officinale, per cui sono ancora troppo ignorante per approfondire, l'unica cosa che mi sento di dire, perché oltre ad averla trovata scritta dappertutto, l'ho anche sperimentata sulla mia pelle è che i semi di lino hanno effetto lassativo. Soprattutto se assunti crudi. Non fatelo. Scherzo, fatelo se pensate di averne bisogno.
Una delle caratteristiche nutrizionali che gli viene maggiormente riconosciuta è l'alta concentrazione di grassi polinsaturi omega-3 per i quali possono fungere da buon integratore naturale. 
Se cercate su internet le proprietà del decotto vengono fuori effetti miracolosi, dei quali però non intendo parlarvi perché non sono un'esperta in materia nonostante anche io preferisca assumere i semi di lino sotto forma di decotto che non come semi crudi (dicevamo?).

Questa volta l'assaggio è stato molto meno traumatizzante rispetto al mate, infatti ho assaggiato il mio decotto di semi di lino e l'ho bevuto tranquillamente senza zucchero, esattamente come andrebbero assaggiate le tisane. Al secondo intruglio ho aggiunto anche della liquirizia, che io adoro in ogni sua forma e ne risultato un sapore ancora più delizioso.
Io ho fatto 700 ml di acqua (per una tazza e mezza a testa per me e mio marito) con 11 gr. di lino e 6 gr. di liquirizia, ed è venuto davvero buono, ma si può anche omettere la liquirizia e assaggiare il decotto di lino in purezza, è molto buono.

Come lettura di questa settimana associo un agile libercolo di appena 72 pagine che si intitola "Il lino. Una pianta dai molteplici usi". Ne racconta un po' la storia e ne dettaglia i vari usi che se ne possono fare. Recentemente mi sono fatta una chiacchierata con una mia carissima amica che vive a Roma e che ha studiato e sta continuando a studiare Erboristeria e mi sono resa conto che mondo infinito sia e come non si possa improvvisare. Però è un campo di studio estremamente affascinante soprattutto soprattutto nelle sue radici storiche che in fondo, sono le stesse della nostra moderna medicina.

Anche questa settimana abbiamo analizzato la nostra pianta, io vi do appuntamento alla prossima settimana! 
Fatemi sapere, come sempre, se provate la tisana, se la usavate già, cosa ne pensate, insomma, tutto quello che vi passa per la testa!



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