La stanza enorme - E. E. Cummings

La stanza enorme
E. E. Cummings

GENERE: Romanzo autobiografico

PAGINE: 431

PRIMA EDIZIONE: 1922

CITAZIONE:  "Mi colpì come estremamente interessante il fatto che, tanto maggiori sono le infelicità sofferte, tanto più crudeli diventano coloro che soffrono verso quelli così sfortunati da essere ancora più infelici o deboli. O piuttosto direi che quasi ogni essere umano, sotto la spinta di circostanze penose, reagirà alla causa delle proprie sofferenze (dalle quali la sua stessa personalità è mutilata) infliggendone a sua volta altre con piena deliberazione a ogni personalità più debole. [...] Non pretendo d'aver fatto una scoperta [...] fui solo grandemente impressionato nello scoprire che, per quanto sessanta uomini possano essere tenuti occupati nella comune sofferenza, ce ne saranno sempre alcuni che troveranno in qualche modo il tempo di farne godere a certi compagni di prigionia una dose supplementare."

IN A NUTSHELL: Grottesco. Una lettura lenta e farraginosa, ma estremamente arricchente.

VOTO: ⚫⚫⚫⚪⚪

***SPOILER ALERT***

Sulla quarta di copertina si legge: "Amato da Hemingway e definito da Lawrence d’Arabia «il più bel romanzo americano sulla prima guerra mondiale»". Un biglietto da visita niente male.
In questo romanzo autobiografico, E. E. Cummings, che tutti conosciamo principalmente come poeta, racconta la sua disavventura in Francia durante la Prima Guerra Mondiale. E sebbene venga da chiamarla disavventura, per il tono canzonatorio e spesso burlesco con cui lui stesso la riferisce, in realtà si trattò di un atroce abuso di potere.

Un giovanissimo Cummings, cresciuto in una famiglia borghese e di ideali profondamente pacifisti,  ancora disinteressato alla politica in quegli anni (dettaglio rilevante considerando quello che gli accadrà in seguito), vuole dare il suo contributo attivo alla guerra mondiale, nell'unico modo compatibile con i valori con cui era cresciuto: arruolandosi volontario come conduttore d'ambulanze sul fronte francese; un modo per partecipare alla guerra osservandola da vicino, ma senza esserne troppo coinvolti, e, allo stesso tempo, un modo per evitare la coscrizione.
Prima ancora di arrivare in Francia conosce William Slater Brown, (B., nel libro) con cui stringe amicizia e con il quale condividerà il reparto una volta arrivato alla Section Sanitaire XXI di stanza a Germaine, in Francia.
L'intercettazione della posta di B., diretta in America, dà lo spunto al racconto; in una lettera scritta ad alcuni amici americani, egli esprime il malumore che serpeggia tra i soldati francesi in merito alla sconfitta della Germania e sostiene che «nessuno di loro crede che la Germania verrà mai sconfitta». Questa lettera fa scattare l'arresto di B. con l'accusa di spionaggio e alto tradimento. Cummings (C., nel libro) viene coinvolto semplicemente in quanto amico di B., atto chiaramente persecutorio e arbitrario così come l'imbarazzante processo-farsa che verrà concesso ai due nonostante il verdetto fosse già noto prima ancora di cominciare: tre mesi di detenzione a La Ferté-Macé (in Normandia), dove venivano rinchiusi i delatori.
La parte centrale del libro si articola quindi intorno all'esperienza della detenzione, durante la quale Cummings, come autore interno al romanzo, oltre a raccontare in maniera lucida e asciutta la sua quotidianità all'interno del carcere (e le azioni straordinarie che venivano applicate su certi detenuti particolarmente irrequieti) ci regala una carrellata di personaggi indimenticabili, cui lui si riferisce con l'appellativo Montagne Incantate per l'eccezionalità della loro profondità umana, di cui descrive appieno il carattere e la profondità psicologica, aiutato, in questo, dalle sue doti come poeta.

Il risultato è un romanzo profondamente crudo e al contempo lirico, a tratti addirittura comico, che affronta il tema della riappropriazione del sé e della riscoperta di un'umanità che, in condizioni di costrizione e privazione (come in carcere) può ancora rifiorire e dar vita ad azioni di sincera empatia e solidarietà.

Tornando al commento entusiastico di Lawrence d'Arabia, molti critici sottolineano il fatto che la guerra, in questo romanzo, è la grande assente, trasuda da ogni pagina, da ogni descrizione del più misero dei secondini, eppure non viene mai affrontata esplicitamente.
Cornice concreta -eppure appena accennata - in cui si inscrive il racconto, la guerra non si vede, ma la si sente dappertutto. È nell'ingiustizia perpetrata ogni giorno, nella sopraffazione del debole, nel sadismo delle guardie, nella macchina burocratica kafkiana contro cui si scontra ogni tentativo di razionalità.

E' una lettura impegnativa e faticosa, ma dalla quale non si può uscire uguali a prima.

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