Una cosa divertente che non farò mai più - David Foster Wallace


Una cosa divertente che non farò mai più
David F. Wallace

GENERE: Grottesco/Umoristico

PAGINE: 149

PRIMA EDIZIONE: 1997 (trad. italiano 1998)

CITAZIONE:  "Ma la mia parte infantile è insaziabile e in risposta alla prospettiva di una gratificazione e un accudimento straordinario, la mia insaziabile parte infantile non farà che accrescere la soglia di soddisfazione fino a conseguire di nuovo la sua omeostasi di grave insoddisfazione.

IN A NUTSHELL: Dissacrante con un amaro di fondo. Scorrevole e divertente.

VOTO: ⚫⚫⚫⚪⚪

Il sottile umorismo di quest'uomo è disarmante.
Perché non si tratta del classico libro che ti fa ridere perché racconta cose divertenti, si tratta di un libro che ti fa ridere pur raccontando cose piuttosto tristi. Se mi permettete il paragone...avete presente Fantozzi? Quella sensazione che tutto quello che capita al povero Ragioner Ugo non dovrebbe farci ridere (e in effetti a me non faceva ridere) ma provocarci una profonda tristezza per le sfighe e le ingiustizie cui è costantemente sottoposto?
Ecco, il questo libro di Wallace mi ha suscitato una sensazione molto molto simile.

E' un'ironia fine, sottile, amara quella di Wallace, giornalista, inviato dalla prestigiosa rivista Harper's a bordo di una crociera extralusso ai Caraibi, ai fini di produrre un articolo in merito a questo tipo di abitudini vacanziere degli americani.
Il libro consiste effettivamente nella cronaca pedissequa dei sette giorni di crociera, e intercala momenti di mera narrazione circa le esilaranti attività proposte dal personale di bordo a momenti di vetriolo puro nelle descrizioni di alcuni dei passeggeri a pregni capitoli di riflessione sulle implicazioni di tutto quel lusso.

E quindi ci scompisciamo dalle risate dalle quando ci racconta del sorprendente sistema di risucchio a pompa dello scarico del water della sua cabina, che lui ha la sensazione che risucchi anche la sua anima e siamo solidali con lui quando, vittima della sua cocciutaggine per non aver voluto portare "abiti eleganti" (come la brochure, però, consigliava) si ritrova a dover prender parte a una "colazione formale" in camicia e braghette.
E ancora, ci rotoliamo letteralmente a terra quando il buon Wallace, questionando con un facchino circa il voler portare da sé la propria valigia in cabina, mette il giovane in un dilemma paradossale tra due dogmi che gli erano stati stampati a fuoco nell'anima: "Il passeggero non porterà MAI da sé i bagagli in cabina" e "Il passeggero ha sempre ragione"; ma avvertiamo un senso di inquietante eccesso, quando ci racconta degli esasperati sistemi di pulizia delle varie cabine o dell'opulenza dei buffet o della capronaggine di molti dei passeggeri vittime di un costruito, e triste, divertimento di massa.

Insomma, è come se il filo rosso di questo libro fosse una profonda tristezza, un senso agorafobico di vuoto e di solitudine su cui però vengono innestati singoli episodi esilaranti che, forse proprio come metafora della crociera stessa, cercano di far distogliere lo sguardo del lettore dall'immensa tristezza del tutto.

In ogni caso ho trovato conferma del fatto che crociere, villaggi turistici et similia non sono proprio in assoluto il mio genere di vacanza.

Commenti

  1. l'ho finito anche io proprio oggi.. Fa ridere, ma con davvero tanta amarezza. Troppa.
    E alla fine è un po' pesante :D

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    1. Ho scoperto molto dopo averlo letto che era depresso e che è morto suicida.
      In effetti a pensarci dopo, non stupisce. Quantomeno la depressione.

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