Niente - Janne Teller

Niente
Janne Teller

GENERE: Drammatico/Distopico

PAGINE: 119

PRIMA EDIZIONE: 2000 (trad. italiano 2012)

CITAZIONE:  "Non c'è niente che abbia senso,
è tanto tempo che lo so.
Perciò non vale la pena far niente,
lo vedo solo adesso"

IN A NUTSHELL: Originale e scorrevole, ma non sviluppato al massimo delle potenzialità. Di rapida lettura.

VOTO: ⚫⚫⚪⚪⚪


Devo ammettere di essere rimasta un po' perplessa da questo romanzo.
Ha grandi potenzialità a mio avviso affatto sviluppate.

La vicenda in sé per sé è molto originale benché navighi nelle acque del tema un po' abusato del nichilismo che opprime gli animi più sensibili da che l'uomo ha cominciato a ragionare su se stesso e sul senso della vita.
Abbiamo tutti un vuoto dentro e forse, sempre di più al giorno d'oggi, il momento di presa di coscienza è anticipato.
Qui è Pierre Anthon, tredici anni, a rendersi conto per primo che forse "se niente ha senso, è meglio non fare niente piuttosto che fare qualcosa", e si arrampica sul ramo di un albero di calviniana memoria, a fissare il vuoto, non facendo assolutamente nulla.
I compagni, incapaci di comprendere la sua rassegnazione, o forse troppo spaventati dalle conseguenze, decidono di costruire una "catasta del significato" depositando ciascuno qualcosa che per loro abbia significato, da mostrare poi a Pierre Anthon, per dimostrargli che si sbaglia. Che nella vita c'è un sacco di significato.
Ma quando Dennis consegna per la causa solo alcuni dei libri (quelli a cui teneva meno) della serie di Dungeons & Dragons a cui teneva tanto, Ole lo costringe a consegnare anche i 4 mancanti, altrimenti il suo sacrificio non avrebbe avuto senso.
Ed era proprio il senso quello che loro stavano cercando di accumulare.
Ma quando Dennis, tra lacrime e proteste, consegna quei 4 amati libri, si ricorda quanto Sebastian tenga alla sua canna da pesca, e Sebastian, dal canto suo, sa che Richard ama il suo pallone da football nero...e via così in un'escalation macabra alimentata dal risentimento, e poi dall'odio, che alzerà sempre di più la posta in gioco alla ricerca forse più di vendetta, che di significato.

Quando leggo un libro tradotto non so mai se, quando m'imbatto in forma, lessico e sintassi discutibili, me la debba prendere con lo scadente autore o l'incompetente traduttore.
Lo stile è estremamente semplice, molto scorrevole (si legge in qualche ora) quasi scolastico; il lessico affatto ricercato, ma la cosa che mi ha in assoluto irritato di più è stata la frequenza ossessiva di piccoli climax all'interno della frase, composti da tre elementi.

"Di colpo ebbi paura.
Abbastanza, molta, moltissima paura"
(pag. 11)

"...perché l'idea in effetti era buona.
Buona, ottima, eccellente"
(pag. 18)

"Avevamo vinto!
La vittoria è dolce. La vittoria è. La vittoria."
(pag. 22)
In questo caso non ho nemmeno veramente capito cosa volesse trasmettermi.

"Nel frattempo se ne andava in giro tutto compiaciuto.
Compiaciuto, soddisfatto, appagato."
(pag. 40)

E potrei andare avanti con l'elenco.
Insomma. Va bene una volta, va bene due, ma il libro è veramente costellato di questo espediente letterario che probabilmente è semplicemente da ascriversi allo stile dell'autrice (che allora non mi piace).

Seconda cosa, per me non si può parlare di romanzo, bensì di lungo racconto che rispetta le unità aristoteliche di spazio (un piccolo paesino danese), e azione (il tentativo di una classe di dimostrare a uno dei compagni che la vita ha un senso). Il tempo è invece un po' più dilatato: quello di un anno scolastico.
La caratterizzazione dei personaggi è piuttosto scadente, ne sappiamo a malapena i nomi. Un paio subiscono un'evoluzione concreta via via che scorrono le pagine, ma la loro introspezione psicologica, che, dato il tema, poteva costituire il fulcro dell'intera vicenda, è relegato ad alcune frasi ad effetto o paragrafetti buttati là, senza la minima profondità letteraria, ma forse non era questo l'intento dell'autrice.
Mi è venuto infatti il dubbio che in origine si trattasse di un libro per ragazzi, ma Feltrinelli non lo ha pubblicato nella collana KIDS e in negozio lo teniamo regolarmente nella narrativa. Dovrò approfondire la cosa.

Assumendo che non sia un libro per ragazzi - altrimenti è tutto chiaro - se lo scopo del libro era semplicemente quello di mostrarci in maniera cruda e scarna, senza particolari approfondimenti psicologici, a cosa possa portare il nichilismo fine a se stesso, l'assenza di qualcosa in cui credere, l'assenza di uno scopo, di un progetto in questa contemporaneità dominata dalla fretta di arrivare non si sa bene dove, allora ha colpito nel segno.
Come racconto, ripeto.
Per essere un buon libro manca tutto uno spessore psicologico che, secondo me, era necessario.

Ad ogni modo è una lettura consigliata, tanto si legge in un baleno.

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